Nel 2002 per qualche ragione lavorativa decisi di acquistare un dominio. Come prima cosa la riflessione fu quale fosse il nome giusto, è sempre complesso dare un nome prima della nascita, il nome come atto generativo.
Grazie alla mia generalmente labile concentrazione, persi fin da subito il filo logico/pragmatico e mi soffermai sul termine «dominio», lo trovavo divertente nella sua eloquenza quasi prepotente.
Si trattava di dare un nome a uno spazio virtuale, completamente immateriale a cui avrei affidato principalmente immagini. Avrei nominato e dominato questo.
Dominio deriva dai latini domĭnus «signore, padrone» e domina «signora, padrona» e di cosa si può essere padroni? Di una casa! Infatti domĭnus e domina derivano da domus, «casa» per l'appunto. Nel tempo domĭnus e domina si sono trasformati «donno» e «donna». Donna, come sappiamo, continua a essere un vocabolo d'uso comune mentre «donno» si è troncato in «don» che, prevalentemente, viene utilizzato come titolo attribuito ai sacerdoti. Sempre per rimanere in zona sacra e sempre da questa radice deriva “duomo” ovvero domus Dei, la casa di Dio.
Ora è evidente che quando parlo di casa posso alludere a svariati concetti, da quelli di senso più pratico come per esempio: il mio paese, il mio appartamento, il mio giardino, il mio posto auto oppure, in un'ottica "spirituale", potrei dire che la mia casa è il corpo che abito e, se volessi prenderla un pochino più larga, il pianeta in cui vivo. In fin dei conti ciò che sento come mio non è anche e più che altro ciò a cui appartengo? E’ il mio tempio, la mia domus Dei e se anche volessimo contestare la dicotomia tra anima e corpo che permetterebbe alla prima di disporre del secondo o volessimo dubitare che io possa sentirmi di appartenere al pianeta, potremmo comunque provare ad affermare che i miei pensieri sull’argomento siano un prodotto del mio corpo e del mio conoscere e abitare questo mondo. In fin dei conti posso pensare solo sulla base di ciò che conosco.
Ma veniamo ora ai litri e, di conseguenza, al liquido per antonomasia.
Il nostro corpo è composto variabilmente da un 80% di acqua nel corpo di un bambino a una media del 60% di un adulto maschio e sul nostro pianeta il rapporto tra terre emerse e acqua e del 71% a favore di quest’ultima.
La vita sul nostro pianeta è nata nell’acqua e grazie al rapporto di quest’ultima con la luce.
L’acqua è fondamento della nostra esistenza ed è anche uno specchio che riflette l'esistente, in un certo senso si può dire che sia corpo e apparenza.
Pertanto, dalle riflessioni sul «dominio», passiamo alle riflessioni sul «liquido».
In fisica si definisce liquido un corpo fluido che, fissata la temperatura, conserva il proprio volume, ma tende a deformarsi, assumendo più o meno rapidamente la forma del recipiente in cui è posto. In sostanza le forze molecolari tra le particelle che lo compongono non arrivano a impedire lo scorrimento reciproco, ma si oppongono al reciproco allontanamento o avvicinamento. E' difficile in tal senso pensare a un'organizzazione gerarchica e a una struttura territoriale permanete che permetta di dominare un liquido, ecco che in tal senso «dominio liquido» suona quasi come un ossimoro.
Infatti, se è vero che un corpo liquido ha un suo volume stabile, è altresì vero vero che non è possibile conferire ad esso una forma se non contenendolo.
In sostanza quello che possediamo e ciò da cui siamo posseduti è indomabile. I contenitori cambiano di forma, i contenitori possono essere sostituiti e comunque si possono sempre rompere.
Così scelsi il nome del mio «dominio», doveva essere qualcosa di liquido, la percentuale approssimativa di acqua presente nel mio corpo nel momento in cui desideravo dare un nome al mio dominio, 51 litri per l’appunto.